Mentre i colleghi della PA continuano a prendere 40mila euro in più l’anno, le risorse stanziate dall’Atto di Indirizzo, per il rinnovo contrattuale, peraltro ancora lontano da compiersi, sono veramente esigue. Ciò malgrado la Legge di Bilancio abbia previsto degli stanziamenti specifici per i dirigenti scolastici, finalizzati alla “progressiva armonizzazione della retribuzione di posizione di parte fissa”: 37 milioni (lordo Stato, quindi almeno da dimezzare se si parla di compensi netti) per l’anno in corso, 41 milioni per il prossimo e 96 per il 2020. Udir ricorda che sono sempre attivi i ricorsi per recuperare Fun, Ria e Perequazione esterna.

Marcello Pacifico (presidente nazionale Udir): Facendo un conguaglio tra gli aumenti contrattuali e i tagli ereditati dagli anni precedenti, a regime i dirigenti scolastici italiani percepiranno circa 4.000 euro annui lordi in più rispetto ad oggi, circa 300 euro mensili. Al netto, non si andrà oltre i 150 euro mensili. Ma trattandosi di una media, c’è chi prenderà qualcosa di più e chi, purtroppo, meno. Alcuni nemmeno un euro, perché si ritroveranno con uno stipendio addirittura inferiore all’attuale.

 

 

 

Si è parlato tantissimo negli ultimi mesi del rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici e della loro valorizzazione, a partire dall’innalzamento degli stipendi. In questo senso si è espressa anche l’amministrazione, capitanata dalla Ministra uscente Valeria Fedeli. Sin qui le premesse. La realtà, però, è ben diversa, poiché approfondendo l’Atto di Indirizzo del nuovo contratto di categoria, tra i dirigenti scolastici e gli altri dirigenti dell’Area C che operano nello stesso ambito pubblico ma non nella Scuola, c’è una differenza media in negativo di ben 39.292 euro annui, che corrispondono a 3.022 euro mensili.

A questo dato di partenza, decisamente negativo, se ne aggiungono altri, come il fatto che negli ultimi anni il Ministero dell’Istruzione ha tagliato dal Fondo unico nazionale, il cosiddetto Fun, ben 55.947.822,13 euro. Infine, c’è da considerare la forte disparità tra le regioni per cui i capi d’istituto che operano in alcune rischiano fortemente, se le regole non cambiano, di andare a percepire nell’anno scolastico 2020/2021 meno di quello che hanno preso nel 2015/2016.

Il problema di fondo rimane quello dei bassi investimenti da parte di chi governa il Paese: le risorse stanziate dall’Atto di Indirizzo, per il rinnovo contrattuale, peraltro ancora lontano da compiersi, sono veramente esigue. Ciò malgrado la Legge di Bilancio abbia previsto degli stanziamenti specifici per i Dirigenti Scolastici, finalizzati alla “progressiva armonizzazione della retribuzione di posizione di parte fissa”: 37 milioni (lordo Stato, quindi almeno da dimezzare se si parla di compensi netti) per l’anno in corso, 41 milioni per il prossimo e 96 per il 2020.

L’obiettivo dichiarato rimane quello di arrivare alla perequazione tra dirigenti scolastici e gli altri dirigenti dell’Area sulla retribuzione di posizione/parte fissa. Udir ha calcolato i possibili aumenti, anno per anno: 55 euro (sempre lordo Stato) per gli arretrati del 2017; 160 euro per il passato anno; 3.800 euro per il 2018; 4.200 euro per il prossimo e 8.800 per il 2020. Pertanto, pur utilizzando tutte le risorse disponibili, l’armonizzazione si raggiungerà solo nel 2020.

Se poi si considerano anche gli striminziti aumenti dello stipendio tabellare, gli aumenti medi finali della retribuzione fissa nel prossimo contratto risultano leggermente incrementati: 210 euro per il 2016; 630 euro per l’anno scorso; 4.400 euro per quanto riguarda il corrente anno; 4.800 euro per quello che verrà; 9.400 euro nel 2020.

Invece, non ci sono risorse per la retribuzione variabile ed accessoria, per cui non ci saranno aumenti. Anzi, in certi casi assisteremo a delle clamorose regressioni stipendiali: c’è l’eredità negativa dei tagli degli ultimi anni, per cui la retribuzione variabile ed accessoria sarà a regime inferiore di circa 5.500 euro rispetto all’a.s. 2015/2016.

“La conclusione di questi conteggi – spiega Marcello Pacifico, presidente Udir – è che facendo un conguaglio tra gli aumenti contrattuali e i tagli ereditati dagli anni precedenti, a regime i dirigenti scolastici italiani percepiranno circa 4.000 euro annui lordi in più rispetto ad oggi, circa 300 euro mensili. Al netto, non si andrà oltre i 150 euro mensili. Ma trattandosi di una media, c’è chi prenderà qualcosa di più e chi, purtroppo, meno. Alcuni nemmeno un euro, perché si ritroveranno con uno stipendio addirittura inferiore all’attuale”.

Ecco qualche esempio pratico: in Emilia Romagna, la perdita sulla retribuzione variabile ed accessoria sarà di circa 12.500 euro, per cui i dirigenti scolastici di questa regione prenderanno nell’a.s. 2020/2021 meno di quanto hanno percepito nel 2015/2016. Ma non è finita, perché il Fondo unico nazionale è stato decurtato in proporzione alla diminuzione dei dirigenti scolastici in servizio: questo significa che appena verranno assunti i 1.800 vincitori del concorso pubblico per diventare preside della scuola pubblica, la retribuzione di posizione e di risultato dei Dirigenti Scolastici italiani subirà un’ulteriore decurtazione, poiché aumenterà la platea tra cui suddividere il fondo nazionale. Udir ricorda che sono sempre attivi i ricorsi per recuperare Fun, Ria e Perequazione esterna.

 

 

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