Secondo la stampa specializzata, che sta tenendo il conto, c’è da preoccuparsi. Tuttoscuola: “quasi la metà (esattamente 15 su 33) delle aggressioni note è stata opera di genitori”. Anche l’ultima, avvenuta in provincia di Padova, rientra in questa casistica. Ma siccome molti non denunciano, gli episodi sono molti di più: “si stima che all’interno delle scuole il numero delle aggressioni, soprattutto da parte di studenti, sia almeno il triplo di quanto emerge all’esterno”. Per il nuovo Ministro Bussetti è una delle priorità da affrontare.

 

Del fenomeno della violenza gratuita contro i docenti si sono interessati i sindacati Anief e Udir, venti giorni fa, organizzando una giornata di discussione. Tutti i relatori - esperti, rappresentanti dei lavoratori, delle famiglie, dei discenti nonché dei dirigenti scolastici - si sono trovati d’accordo su un punto: l’escalation di violenza si deve anche e soprattutto allo scadimento dell’autorevolezza della figura del maestro e dell’insegnante agli occhi delle famiglie e dell’opinione pubblica.

 

Marcello Pacifico (presidente Anief e Udir): La scuola è una di quelle poche istituzioni che agiscono in modo diretto per il rispetto delle regole, la trasmissione della cultura e per rimarcare i valori cardini costituzionali dello Stato, che vanno trasmessi a costo di risultare ‘antipatici’. Le famiglie e gli studenti che non gradiscono questo genere di messaggi, all’agire nella legalità e alla trasmissione di valori in tale direzione, si lasciano andare ad atteggiamenti intimidatori che sempre più spesso si tramutano in aggressioni fisiche. Alle spalle di questi episodi ricorrenti si insinua lo scadimento sociale del ruolo del docente, acuito dal trattamento economico sempre peggiore che chi governa riserva a chi opera nella scuola, con gli stipendi ritoccati ogni dieci anni con aumenti-mancia e ormai pure surclassati dall’inflazione: remunerando un insegnante meno di un impiegato si manda un messaggio negativo ai cittadini che sfocia nella mancata considerazione del ruolo dell’educatore. Anche Papa Francesco, in queste ore, si è rivolto a centinaia di bambini dicendo loro di non dimenticarsi mai dei maestri e della scuola, perché sono le radici della cultura. Perché chi trasmette cultura, chi fa formazione, non può essere preso a schiaffi.

 

 

 

 

L’anno scolastico si chiude con la trentatreesima aggressione nei confronti di un insegnante: considerando solo i casi denunciati, si tratta di un caso ogni sette giorni, visto che le settimane di attività scolastica sono giusto trentatré. Secondo la rivista Tuttoscuola, che sta tenendo il conto, “quasi la metà (esattamente 15 su 33) delle aggressioni note è stata opera di genitori”. Anche l’ultima, avvenuta in provincia di Padova, rientra in questa casistica: l’artefice dell’aggressione è stata la madre di alunno di scuola media, insoddisfatta del voto insufficiente che la professoressa di inglese aveva attribuito al figlio; l’ha affrontata nel cortile della scuola prima delle lezioni e, dopo un’accesa discussione, le ha sferrato con violenza uno schiaffo, facendola cadere a terra.

 

La rivista specializzata ha ipotizzato che questo fatto dilagante rappresenti “la punta di un iceberg di un fenomeno che solamente in parte emerge pubblicamente con notizie di stampa o sul web; si stima che all’interno delle scuole il numero delle aggressioni, soprattutto da parte di studenti, sia almeno il triplo di quanto emerge all’esterno”. Il tema delle aggressioni è diventato un caso nazionale: “Gli ultimi nove mesi sono stati scanditi da notizie di aggressioni agli insegnanti da parte di alunni e genitori. È uno dei primi problemi che dovrà affrontare il nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti. Politici, educatori, dirigenti ed esperti concordano”, scrive il Fatto Quotidiano.

 

Di recente, del fenomeno della violenza gratuita contro i docenti si sono interessati i sindacati Anief e Udir: venti giorni fa hanno organizzato una giornata di discussione sugli atti di violenza a danno degli operatori della scuola. Esperti, rappresentanti dei lavoratori, delle famiglie, dei discenti nonché dei dirigenti scolastici, si sono tutti trovati d’accordo su un punto: l’escalation di violenza si deve anche e soprattutto allo scadimento dell’autorevolezza della figura del maestro e dell’insegnante agli occhi delle famiglie e dell’opinione pubblica.

 

Secondo il presidente nazionale Anief e Udir, Marcello Pacifico, è purtroppo ormai assodato che “fare l’insegnante oggi vuol dire essere esposti a pericoli di questo genere: la scuola rappresenta una di quelle poche istituzioni che agiscono in modo diretto per il rispetto delle regole, la trasmissione della cultura e per rimarcare i valori cardini costituzionali dello Stato, imprescindibili, che vanno trasmessi a costo di risultare ‘antipatici’. Le famiglie e gli studenti che non gradiscono questo genere di messaggi, all’agire nella legalità e alla trasmissione di valori in tale direzione, si lasciano andare ad atteggiamenti intimidatori che sempre più spesso si tramutano in aggressioni fisiche”.

 

“Alle spalle di questi episodi ricorrenti – continua Pacifico - si insinua lo scadimento sociale del ruolo del docente, acuito anche dal trattamento economico sempre peggiore che chi governa riserva a chi opera nella scuola, con gli stipendi ritoccati ogni dieci anni con aumenti-mancia e ormai anche surclassati dall’inflazione. Remunerando un insegnante meno di un impiegato si manda un messaggio negativo ai cittadini che sfocia nella mancata considerazione del ruolo dell’educatore. Anche Papa Francesco, in queste ore, si è rivolto a centinaia di bambini dicendo loro di non dimenticarsi mai dei maestri e della scuola, perché sono le radici della cultura. Perché chi trasmette cultura, chi fa formazione, non può essere preso a schiaffi”, conclude il sindacalista Anief.

 

 

 

 

 

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