Basta con la superficialità con cui il Miur affronta le problematiche serie della scuola: Udir si ribella! La Ministra cerchi di capire in che paese vive, perché in questo i genitori non possono andare a prendere i loro figli come vent’anni fa.
Marcello Pacifico (Udir-Anief): “La responsabilità dei giovani, una volta usciti dal perimetro scolastico, non può essere additata ancora agli insegnanti, al personale Ata o al dirigente scolastico. Va bene rassicurare le famiglie, ma è un modo di procedere che non condividiamo: significa implicitamente accostare alla scuola e a chi vi opera le eventuali manchevolezze del patto di corresponsabilità stipulato con i genitori”.
Basta con la superficialità con cui il Miur affronta le problematiche serie della scuola! Udir si ribella a dichiarazioni che non hanno il senso della gravità e del disagio in cui le normative, non adeguate ai tempi e al ruolo sociale nuovo che il nostro paese vive, fanno vivere la scuola a professori, genitori, alunni dirigenti e personale tutto. È ora di finirla di pensare che le famiglie sono quelle di una volta in cui l’uomo lavorava e la donna era a casa a seguire i figli, o pensare che tutti hanno nella porta accanto i genitori che possono ancora fare i nonni felici: oggi non è più così. Per sopravvivere, al giorno d’oggi, occorre avere due stipendi e poiché ormai la gente per poter lavorare deve anche cambiare città, se non regione addirittura, non sempre si può contare sui nonni. Quindi la signora Ministra cerchi di capire in che paese vive, perché in questo i genitori non possono andare a prendere i loro figli come vent’anni fa. Ma ancor più grave risulta il fatto che il Ministro dica “Presidi e professori se ne facciano una ragione, devono consegnare i minori ai genitori”, interpretando a modo suo una sentenza della Cassazione che si riferisce invece ad un caso specifico di contraddizione tra quanto previsto dal Regolamento interno ed il comportamento dell’istituzione scolastica.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e Udir, afferma che “La responsabilità dei giovani, una volta usciti dal perimetro scolastico, non può essere additata ancora agli insegnanti, al personale Ata o al dirigente scolastico. Su questo il Miur dovrebbe essere chiaro. Va bene rassicurare le famiglie, ma è un modo di procedere che non condividiamo, perché significa implicitamente accostare alla scuola e a chi vi opera le eventuali manchevolezze del patto di corresponsabilità stipulato con i genitori. Fino a prova contraria, la scuola esercita un pubblico servizio che prevede dei precisi orari di apertura e chiusura. Al di fuori delle ore prestabilite, non è possibile garantire la permanenza e vigilanza del minore. Ancora di più perché in questi casi il docente dovrebbe affidare l’alunno al suo preside, che quasi sempre non c’è perché ha in media sette-otto sedi da seguire, oppure al collaboratore scolastico, che però a sua volta deve rispettare degli orari di lavoro e siccome gli ausiliari sono stati tagliati in numero drastico, sono sempre più frequenti i casi, soprattutto alle medie, di istituti che già subito dopo l’ora di pranzo sono costretti a chiudere. Oppure, si mettano nelle condizioni i comuni di prelevare tutti i minori di 14 anni e portatori di disabilità di portarli a scuola attraverso appositi pullmini.”
In ogni caso l’art. 61 della legge 11 luglio 1980 n. 312 stabilisce che nel caso in cui l’Amministrazione "risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti a vigilanza", la responsabilità patrimoniale degli insegnanti è limitata ai soli casi di dolo e colpa grave. Esso prevede che, salvo rivalsa nelle suddette ipotesi di dolo o colpa grave, l’amministrazione si surroga al personale "nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi ".
Nell’ipotesi di responsabilità per culpa in vigilando gli insegnanti statali non rispondono più personalmente verso terzi, rispetto ai quali risponde invece direttamente l’Amministrazione su cui viene a gravare la responsabilità civile nelle azioni risarcitorie, salvo rivalsa dello Stato nei confronti dell’insegnante in caso di dolo o colpa grave. Pertanto un Ministro non può pensare di risolvere un grave problema sociale con frasi messe a caso e occorre dunque un intervento serio, legato soprattutto ad un fatto: la scuola non è un deposito dei ragazzi piccoli o grandi che siano, la scuola è un luogo in cui si forma un processo educativo che accompagna il giovane nella sua crescita.
Questo processo non può essere interrotto da lacune legislative che poggiavano la loro essenza su uno stato sociale delle famiglie di 50 anni or sono; ora occorre cambiare pesantemente e prendere atto dei nuovi problemi sociali. Non è più ammissibile strizzare un occhio alla famiglia e buttare l’osso alla scuola dando 80 euro a pioggia, creando invece malcontenti sociali e fratture nel difficile rapporto scuola famiglia.
Il presidente nazionale Pacifico prosegue dicendo che “Viene da chiedersi anche se nello stesso ddl [il nuovo progetto di legge dichiarato dal Ministro NdR] vada pure esplicitato che a scuola il minore dovrà giungere accompagnato da chi ne ha la patria potestà oppure dai nonni. Altrimenti, si mettano nelle condizioni i comuni di prelevare tutti i minori di 14 anni e portatori di disabilità di portarli a scuola attraverso appositi pullmini. La vita reale, sappiamo, che è ben altra: è quella che viviamo tutti i giorni, fatta di Comuni che tagliano anche le linee di bus ordinarie, come accaduto a 150 liceali del palermitano, costretti ad essere accompagnati per fare più di 20 chilometri tra Capizzi a Nicosia perché il Comune non può più pagare il pullman. Allora, anziché andare ad attribuire per l’ennesima volta compiti e responsabilità ulteriori alle scuole, sarebbe bene ricordarsi che i giovani sono un patrimonio di tutti: della scuola, certamente, ma anche delle famiglie e delle istituzioni”.
Signora Ministra meno parole e più azioni: la scuola non è uno slogan!
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- Pubblicato: 29 Ottobre 2017