Fa discutere la decisione del Ministero dell’Istruzione di fare il punto sulla valutazione organizzando un Osservatorio nazionale di cui in pochi sentono il bisogno. Le priorità sono altre, soprattutto bisogna sgravare la categoria delle troppe responsabilità e competenze assegnategli, peraltro in cambio di compensi annui che anche dopo il rinnovo del contratto di categoria continuano a rimanere indietro di quasi 40mila euro rispetto ai dirigenti della stessa area professionale pubblica.

Marcello Pacifico (presidente Udir): È paradossale che l'aumento stipendiale previsto per il 2018 risulti ben tre volte sotto l'inflazione. Mentre l'adeguamento della sola parte fissa della retribuzione di posizione, sempre rispetto alle altre aree dirigenziali, si sarebbe dovuto disporre dal 2016 e non dal 2018. Al Miur pensano forse che questi problemi si risolvano con la verifica annuale delle prestazioni professionali, condotta, peraltro, con metodi su cui ci sarebbe pure molto da discutere. A queste condizioni, Udir ribadisce il suo no: sono valutazioni che aumenterebbero lo stipendio solo ad alcuni dirigenti scolastici di appena 300 euro al mese, non riconoscendo la professionalità di tutti gli altri che reggono con senso di responsabilità i nostri istituti scolastici.

 

Al Ministero dell’Istruzione si preoccupano di valutare i dirigenti scolastici per elargire ai migliori delle “mancette” annuali e poi poter dire che questa è meritocrazia. Tuttavia, a Viale Trastevere non hanno nulla da dichiarare sull’inadeguatezza dello stipendio medio degli attuali 7mila capi d’istituto, i quali anche dopo il rinnovo del contratto di categoria, semmai arriverà, continueranno a percepire dei compensi annui fortemente inferiori a quelli dei colleghi dirigenti della stessa area professionale pubblica, con disavanzo annuo medio di quasi 40mila euro.

In questi giorni, al Miur si è riunito l'Osservatorio nazionale per la valutazione dei dirigenti scolastici: l’incontro, come riferisce Orizzonte Scuola, è servito per fare il punto sulla valutazione dei presidi tenendo conto dei contenuti presenti nel portfolio compilato dagli stessi dirigenti scolastici. Al momento, però, non si possono trarre delle conclusioni, soprattutto perché una parte degli stessi presidi non ha compilato e consegnato il portfolio, in segno di contestazione palese contro il nuovo ruolo del dirigente-tuttofare imposto dallo stesso Ministero dell’Istruzione anche a seguito dell’approvazione della Legge 107 del 2015.

Un capo d’istituto oggi, infatti, deve sobbarcarsi responsabilità enormi, a partire dalla sicurezza dei 5-10 plessi che dirige pur non avendo la possibilità di agire per attuare un minimo di manutenzione e prevenire danni, salvo poi ritrovarsi alla sbarra per essere pure penalmente condannato, deve organizzare continuamente attività e riunioni, indire incontri degli organi collegiali, realizzare scrutini, tenere i rapporti con le famiglie e le istituzioni locali. E portare avanti mille altre incombenze. Il tutto in cambio di una retribuzione vicina a quella di un impiegato del settore privato.

“È paradossale – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Udir e Anief – che l'aumento stipendiale previsto per il 2018 risulti, alla resa dei conti, ben tre volte sotto l'inflazione. Mentre l'adeguamento della sola parte fissa della retribuzione di posizione, rispetto alle altre aree dirigenziali, si sarebbe dovuto disporre dal 2016 e non dal 2018. Rimane, inoltre, un gap di 30 mila euro di differenza tra il salario dei dirigenti delle scuole pubbliche e quello degli altri dirigenti dello Stato”.

“Al Ministero pensano forse che questi problemi si risolvano con la verifica annuale delle prestazioni professionali, condotta peraltro con metodi su cui ci sarebbe pure molto da discutere. A queste condizioni – conclude il sindacalista autonomo -, Udir ribadisce il suo no: sono valutazioni che aumenterebbero lo stipendio solo ad alcuni dirigenti scolastici di appena 300 euro al mese, non riconoscendo la professionalità di tutti gli altri che reggono con senso di responsabilità i nostri istituti scolastici”.

 

 

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