Gli aumenti sono un bluff. A fronte del taglio illegittimo di quasi mezzo miliardo di euro del Fun degli ultimi sei anni che ha portato le Ragionerie Territoriali dello Stato a chiedere soldi indietro, la differenza di parte fissa della retribuzione di posizione sarà recuperata arbitrariamente per intero soltanto dal 2020 anche se già da disporre nel prossimo contratto ai sensi del comma 591, art. 1 della legge 205/17. Ecco perché ricorrere e recuperare fino a 43mila euro.
Per Udir, che ha depositato uno specifico ricorso al Tar contro il taglio del Fun e che contrariamente a quello che viene scritto non è stato disposto da alcuna norma di legge, la denuncia è nota: i dirigenti della scuola già prendono rispetto agli altri dirigenti dello Stato una retribuzione aggiuntiva al tabellare mediamente di 40mila euro annui inferiore. La legge 122/2010 è stata, infatti, erroneamente interpretata dall’amministrazione, laddove nel vietare aumenti stipendiali per il Miur-Mef non ha impedito il versamento dell’assegno della Ria cessata nel Fun per i dirigenti in quiescenza.
Inoltre ricordiamo la RIA che peraltro ancora dal 2001 è stata prevista per contratto soltanto per gli ex presidi, ex direttori didattici e ex presidi incaricati assunti entro quella data e che potrebbe essere ridistribuita tranquillamente agli attuali dirigenti neoassunti grazie all'utilizzo delle risorse di cui al comma 86 della legge 107/2015.
Ma l’approvazione della legge di stabilità 2018 come ampiamente annunciato da UDIR permette di aprire una stagione nuova del contenzioso sul tema della perequazione esterna di una parte della retribuzione dei dirigenti scolastici. Il diritto sancito dal comma 591 dell’articolo 1 della legge 205/17, infatti, impone già nel prossimo contratto di prevedere aumenti parziali a partire dall’ultimo anno di vigenza (2018) ma in ragione dell’unificazione delle aree avvenuta retroattivamente dal 2016, anche se il contratto è sbloccato dalla pubblicazione della sentenza della Consulta (settembre 2015). Gli aumenti poi sono discrezionalmente progressivi fino a colmare nel 2020 la differenza di 12mila euro aggiunta la comune tabellare. Ecco perché il nostro studio legale ritiene che presso il tribunale del lavoro si possa richiedere di individuare l’anno e reclamare per intero il quantum dal 1° settembre 2015, in modo da recuperare così alla fine quasi 43mila di arretrati.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Udir): A questo punto riteniamo opportuno riaprire i termini per ricorrere e colmare subito questo gap, impugnando il prossimo contratto laddove non terrà conto del diritto maturato dagli ex dirigenti dell’area V a percepire la stessa parte fissa della retribuzione di posizione degli ex dirigenti dell’area VII dal 1 settembre 2015. Già in poche settimane sono centinaia i dirigenti scolastici che hanno aderito a un contenzioso che vuole imporre già in questo contratto una prima perequazione esterna in attesa di quella generale che ammonta mediamente a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese in meno.
Udir, giovane sindacato che lotta per i diritti dei dirigenti scolastici e che in un anno dalla sua fondazione si è avvicinata alla soglia della rappresentatività, nonostante i timori di alcuni sindacati rappresentativi, nell’anno in cui si è dimesso parte del direttivo di Dirigentiscuola ed è stato cambiato il vertice dell’Anp, conferma l’impegno a portare avanti il ricorso per la perequazione esterna nei tribunali e nei tavoli confederali grazie all’adesione a Confedir, rappresentativa dell’area dirigenziale. Il sindacato aveva presentato anche degli emendamenti alla Legge di Stabilità per poter ottenere il riconoscimento della perequazione esterna fin dal 2015 e per intero, oltre al ripristino e all’incremento del Fondo Unico Nazionale: solo per la riduzione di quest’ultimo di un terzo ogni preside oggi ha perso in media 5mila euro. L’operazione aveva come fine il recupero del disavanzo rispetto agli altri dirigenti pubblici, attualmente di oltre 38mila euro annui. Invece, la perequazione totale della parte fissa della retribuzione di risultato avverrà solo nel 2020, per un totale di 12mila euro lordi in più: il mancato riconoscimento del quinquennio comporta quindi la perdita di 42mila euro.
La mancata retribuzione di posizione parte fissa non assegnata per il periodo tra il 2015 e il 2019 è pari a 42.159 euro. La somma da assegnare in media ad ogni capo d’istituto è presto fatta: 3.935 euro per il 2015, più 11.899 euro per l’anno successivo, 11.899 euro per il 2017, poi 7.642 euro per il 2018, altri 6.770 per il 2019 e infine 14 euro per il 2020. Sull’eventuale copertura finanziaria straordinaria, come indicato nella relazione tecnica alla manovra, nel caso di un maggior numero di dirigenti scolastici in servizio, scatterebbe poi la disponibilità di ulteriori 35 milioni di euro di cui all’art. 1, comma 86 della Legge 107/2015.
Ma ovviamente non finisce qui: in quest’ultimo periodo molti dirigenti scolastici si sono visti sottrarre importanti cifre, poiché nelle loro regioni, a seguito della firma dei Contratti integrativi, le Ragionerie territoriali dello Stato hanno operato grosse trattenute sulle somme in più percepite, per il recupero delle quali abbiamo messo a disposizione un modello di diffida.
“Già da questo contratto deve avvenire la parità di trattamento tra dirigenti scolastici e dirigenti dell'area Miur – afferma Marcello Pacifico, presidente nazionale Udir – e non certo progressivamente. Nel 2015, i dirigenti di Università e Ricerca annualmente guadagnavano 96.216,56 euro, a fronte dei 57.893,28 euro medi dei dirigenti scolastici: la perequazione da colmare è pertanto superiore ai 12mila euro annunciati, pari a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese. Come si fa a dire che basteranno poche centinaia di euro al mese per avvicinarsi a quelle cifre? Questi non sono i parametri da utilizzare con chi, a fronte di immani responsabilità, rimane a capo delle nostre scuole, nonostante i pericoli a cui viene esposta la sua persona, a partire dai problemi della sicurezza degli istituti scolastici, metà dei quali costruiti prima del 1971.
Dinanzi a tali problematiche, rilevate ora anche da altri sindacati di categoria a seguito delle risorse insufficienti emesse dalla Legge di Bilancio 2018, risulta indispensabile rivolgersi al giudice per rivendicare quanto dovuto e i suoi interessi. A tal fine, è possibile inviare già da ora una diffida, anche in attesa della firma del contratto.
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- Pubblicato: 05 Gennaio 2018