Si è svolto oggi un incontro tra le Confederazioni e il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta sull’adozione delle Linee Guida sullo smart working del personale della PA: la Confedir esprime rammarico per i ritardi e le scelte unilaterali prese dall'amministrazione. Con l’occasione, la Confederazione sindacale invita a riportare alla contrattazione il luogo naturale. Durante l’incontro, Marcello Pacifico, segretario organizzativo Confedir, si è soffermato sull’eccessiva “rigidità, derivante dal testo della bozza presentata dalla parte pubblica, relativa a giorni, turnazione e dirigenza: la Confederazione ha invece apprezzato l'apertura al precariato e ha quindi invitato a porre ancora maggiore attenzione verso i lavoratori fragili, alla formazione di tutto il personale,  al miglioramento delle retribuzioni del personale, alla messa in sicurezza, anche di tutti gli strumenti a disposizione per l'utilizzo delle tecnologie lavorative digitali. Alla luce delle osservazioni pervenute dalle parti sociali, l'incontro sarà aggiornato fra due settimane: in quell’occasione, l’amministrazione ha annunciato che provvederà a fornire un'informazione sul testo definitivo, mentre sono in corso i rinnovi dei contratti senza più i tetti di spesa della precedente tornata.

 

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L’amministrazione pubblica ritiene, attraverso una prima bozza, cui seguiranno un DPCM e un decreto ministeriale, che l’adesione debba essere volontaria e consensuale. Scorrendo il testo fornito falla Funzione Pubblica, emerge che il lavoratore dovrà garantire "l'invarianza dei servizi resi all'utenza" ma anche "un'adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza". Inoltre, al lavoratore va fornita l’idonea dotazione tecnologica, la fascia di disconnessione e conciliare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico.

Durante l’incontro odierno, Marcello Pacifico, segretario organizzativo Confedir, si è soffermato sulla “drammatica situazione determinata nel nostro paese a seguito della emergenza Covid-19, ha introdotto in modo rapidissimo un elemento di grande novità nell’attività della maggior parte delle Pubbliche Amministrazioni. Ciò ha consentito nell’immediatezza la salvaguardia, elemento fondamentale per la tutela dei dipendenti pubblici, della salute dei lavoratori, ma ha anche fornito la consapevolezza che il lavoro agile non è una realtà impossibile da realizzare e che quindi non ne va limitato al massimo l’utilizzo”.

Il sindacalista ha ricordato che “l’esperienza dei mesi appena trascorsi infatti ha messo in evidenza che le regole dello smart working finora applicate vanno riviste. È opportuno un confronto con le parti sociali per individuare le attività che possono essere svolte in maniera agile ed è necessario che nelle linee guida alcuni punti siano sviluppati, altri inseriti. Il sistema deve essere indubbiamente ibrido, presenza in ufficio e smart working; acune ricerche hanno evidenziato che se praticato da molte persone e 2-3 giorni alla settimana aumenta la produttività. Necessario è recuperare socializzazione, comunicazione trasversale e identità”.

Secondo il rappresentante Confedir dovrà anche “essere garantita a chi sarà in smart working la crescita professionale, evitando di passare dalla cultura della presenza fisica a quella della disponibilità permanente. È noto che l’articolo 20 della Legge 81/2017 indica che il lavoro agile non deve, dal punto di vista retributivo, essere pregiudicato. Si ha infatti diritto a un trattamento economico non inferiore a quello applicato in presenza. Dal momento che alcuni incentivi sono attualmente legati alla presenza andrebbero individuati dei nuovi incentivi al fine di premiare produttività ed efficienza in relazione al raggiungimento di determinati obiettivi (art. 18 della legge)”.

Pacifico ha anche fatto notare, però, che “per la realizzazione dello smart working servono risorse. I risparmi che le aziende hanno conseguito con l’applicazione dello smart working devono essere in parte investiti per i lavoratori (strumenti informatici, digitalizzazione, formazione ed informazione, rimborsi spesa forfettari in sostituzione del buono pasto). L’estensione delle attività di formazione a tutto il personale (non sono a chi svolge attività in modalità agile) favorirà l’interazione tra le due modalità attuative”.

Secondo il segretario organizzativo Confedir, inoltre, “salute e sicurezza vanno garantite, le tutele del lavoratore quanto ad assicurazione salubrità e sicurezza elettrica del luogo di lavoro anche fornendo contributi o rimborsi, laddove necessario, per l’adeguamento dei dispositivi informatici nonché la previsione di adeguate pause di lavoro”. Sul controllo dell’attività lavorativa, Pacifico ha ricordato che i dipendenti secondo articolo 4 “dello statuto dei lavoratori del 2015 devono essere informati sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e che le informazioni vengano acquisite nel rispetto della privacy per la valutazione a distanza. Vanno inoltre approfondite le migliori modalità per attuare una reale protezione dei dati dal punto di vista informatico”.

È inoltre indispensabile una “maggiore tutela dei lavoratori cosiddetti fragili per l’accesso allo smart working”. Come serve una “strumentazione tecnologica necessaria, indipendentemente dalla qualifica del lavoratore e dal tipo di contratto. Resta poi da chiarire se il lavoro agile potrà essere svolto solo in un determinato luogo: in questo caso, osserva Pacifico, si andrebbe a far venire meno “l’elemento della flessibilità che caratterizza il lavoro agile. Come pure, infine, si richiede, all’art. 6 parte seconda, di sostituire “l’obiettivo di addestrare” con “l’obiettivo di formare” il personale.

Inoltre sarebbe positivo arricchire l'esperienza già maturata in Presidenza del Consiglio dei Ministri sin dal 5 aprile 2017 con il Protocollo d’intesa concernente la sperimentazione del lavoro agile.