Come si fa a gestire 38 plessi scolastici sparsi in undici comuni distanti fino a quasi 40 chilometri l’uno dall’altro? L’impresa impossibile è quella che ogni giorno affronta un dirigente scolastico di Avellino. Il preside è Franco Di Cecilia e in questi giorni ha inviato un appello: ridurre il parametro dei 900 alunni imposti con il dimensionamento previsto dal governo, perché peggiorerebbe la situazione, mentre servirebbero deroghe per i territori montani. Il preside non si limita a lanciare appelli: ha già detto, a Il Mattino, che intende avviare una vertenza da parte della Provincia di Avellino nei confronti della Regione e del Parlamento italiano chiedendo anche che “non prevalgano logiche politiche o di centralità geografica”.

Anief e Udir rendono pubblica questa situazione perché è la dimostrazione di come l’indirizzo che sta dando il governo sull’organizzazione scolastica generale sia tutto da rivedere: secondo il presidente del giovane sindacato Marcello Pacifico, “il dirigente irpino ha ragioni da vendere, perché se si attua la nuova norma sulla formazione delle scuole associata ai quasi mille alunni iscritti, previsti dal nuovo dimensionamento, possiamo dire con certezza che il numero di plessi e istituti fusi uno dentro l’altro non potrà che aumentare. Anche se sparirà la parola ‘reggenza’, il caso limite delle 38 sedi facenti capo al preside di Avellino non sarà più isolato ma andrà a moltiplicarsi, anziché estinguersi. Se poi l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, dovesse diventare legge si andrà incontro ad un sicuro patatrac”.

Il leader dell’Anief fa riferimento all’Atto del Senato n. 615, su cui il Governo sta imprimendo un’accelerata all’approvazione dell’autonomia differenziata, tanto da volerla approvare entro la fine del 2023. Il sindacato autonomo ha chiesto già alla Commissione di Palazzo Madama che sta esaminando il testo di stralciare le norme generali sull'istruzione per non minare l'autonomia scolastica: il pericolo fondato è che si andrebbe ad acuire ulteriormente quel gap di competenze territoriali bene evidenziato qualche mese fa dallo Svimez con lo studio “Un paese due scuole”.

Lo stesso ministero dell'Istruzione e del Merito, nel sito internet ufficiale dell’amministrazione pubblica centrale, scrive che "il sistema educativo di istruzione e di formazione italiano è organizzato in base ai principi della sussidiarietà e dell'autonomia delle istituzioni scolastiche. Lo Stato ha competenza legislativa esclusiva per le "norme generali sull'istruzione" e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Lo Stato, inoltre, definisce i principi fondamentali che le Regioni devono rispettare nell'esercizio delle loro specifiche competenze. Le Regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di istruzione ed esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale. Le istituzioni scolastiche statali hanno autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, sperimentazione e sviluppo".

Secondo Anief e Udir, il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata non va applicato all’Istruzione: aumenterebbe le distanze di apprendimento tra gli alunni e porterebbe una sicura discriminazione ulteriore tra i lavoratori, con la possibile approvazione di nuovi “vincoli pluriennali per stabilizzare gli organici della scuola”: in questo caso si produrrebbero altri vincoli agli spostamenti del personale andando a determinare un ulteriore vuoto di cattedre e posti Ata in determinate regioni italiane.