Il sindacato ha deciso di premere sull’acceleratore per far ottenere ai nostri capi d’istituto l'intera differenza di parte fissa derivante dall'allineamento dei loro stipendi a quelli degli altri dirigenti pubblici, in particolare della stessa area, i cui emolumenti annuali risultano di diverse decine di migliaia di euro maggiori: nel 2015, i dirigenti di Università e Ricerca annualmente guadagnavano 96.216,56 euro, mentre un preside si fermava a 57.893,28 euro. E oggi la forbice, nemmeno lontanamente ristretta dagli aumenti risibili previsti dall’ultima manovra finanziaria, è diventata ancora più larga.
Con l’approvazione dell’art. 1, comma 591 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è infatti possibile annullare i giudizi di primo o secondo grado e l’eventuale condanna alle spese, laddove si è chiesto nel ricorso principale, prima dell’entrata in vigore della nuova norma, anche il riconoscimento della parte fissa della retribuzione di risultato per il triennio 2015/2018. A queste condizioni, il dirigente che ha già presentato ricorso può rivolgersi al nostro ufficio legale per impugnare il tutto, se ancora entro i termini: basta scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Chi non ha mai presentato ricorso, invece, può ottenere fino a 43mila di euro di arretrati, impugnando il prossimo contratto della dirigenza. Per aderire cliccare sul seguente link.
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La befana non porta doni ai dirigenti scolastici: sulla base di quanto stanziato nell’ultima Legge di Stabilità, i circa 7mila capi d’istituto in servizio riceveranno per il 2016/2017 circa 326 euro di arretrati e aumenti netti di 64 euro solo da marzo 2018. Ecco perché Udir ribadisce la volontà di sbloccare l'indennità di vacanza contrattuale che da sola porterebbe aumenti 7,5 volte superiori per il biennio trascorso e una volta e mezza in più per questo nuovo anno. Scarica e invia già da ora la diffida.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Noi come Udir lo diciamo da quando siamo nati: sia gli 85 euro lordi tanto decantati nell'intesa sindacale firmata da CGIL, CISL e UIL il 30 novembre 2016, sia la perequazione dei presidi sono solo fumo negli occhi. Per non parlare degli arretrati di cui lo 0.38% e il 1.09%, spettante rispettivamente su uno stipendio complessivo di 47mila euro per gli anni 2016 e 2017 pari a 85,5 euro per il primo anno e 241 euro nette per il secondo anno di arretrato. Oggi è una Befana tutt’altro che fruttuosa, quindi, per i nostri dirigenti scolastici. Sarebbe meglio dare il carbone a quei decisori politici e legislativi che da tempo dicono che in Italia i capi d’istituto fanno un lavoro enorme e carico di responsabilità in cambio di compensi ridicoli, salvo poi approvare incrementi vergognosamente bassi.
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Gli aumenti sono un bluff. A fronte del taglio illegittimo di quasi mezzo miliardo di euro del Fun degli ultimi sei anni che ha portato le Ragionerie Territoriali dello Stato a chiedere soldi indietro, la differenza di parte fissa della retribuzione di posizione sarà recuperata arbitrariamente per intero soltanto dal 2020 anche se già da disporre nel prossimo contratto ai sensi del comma 591, art. 1 della legge 205/17. Ecco perché ricorrere e recuperare fino a 43mila euro.
Per Udir, che ha depositato uno specifico ricorso al Tar contro il taglio del Fun e che contrariamente a quello che viene scritto non è stato disposto da alcuna norma di legge, la denuncia è nota: i dirigenti della scuola già prendono rispetto agli altri dirigenti dello Stato una retribuzione aggiuntiva al tabellare mediamente di 40mila euro annui inferiore. La legge 122/2010 è stata, infatti, erroneamente interpretata dall’amministrazione, laddove nel vietare aumenti stipendiali per il Miur-Mef non ha impedito il versamento dell’assegno della Ria cessata nel Fun per i dirigenti in quiescenza.
Inoltre ricordiamo la RIA che peraltro ancora dal 2001 è stata prevista per contratto soltanto per gli ex presidi, ex direttori didattici e ex presidi incaricati assunti entro quella data e che potrebbe essere ridistribuita tranquillamente agli attuali dirigenti neoassunti grazie all'utilizzo delle risorse di cui al comma 86 della legge 107/2015.
Ma l’approvazione della legge di stabilità 2018 come ampiamente annunciato da UDIR permette di aprire una stagione nuova del contenzioso sul tema della perequazione esterna di una parte della retribuzione dei dirigenti scolastici. Il diritto sancito dal comma 591 dell’articolo 1 della legge 205/17, infatti, impone già nel prossimo contratto di prevedere aumenti parziali a partire dall’ultimo anno di vigenza (2018) ma in ragione dell’unificazione delle aree avvenuta retroattivamente dal 2016, anche se il contratto è sbloccato dalla pubblicazione della sentenza della Consulta (settembre 2015). Gli aumenti poi sono discrezionalmente progressivi fino a colmare nel 2020 la differenza di 12mila euro aggiunta la comune tabellare. Ecco perché il nostro studio legale ritiene che presso il tribunale del lavoro si possa richiedere di individuare l’anno e reclamare per intero il quantum dal 1° settembre 2015, in modo da recuperare così alla fine quasi 43mila di arretrati.
Marcello Pacifico (presidente nazionale Udir): A questo punto riteniamo opportuno riaprire i termini per ricorrere e colmare subito questo gap, impugnando il prossimo contratto laddove non terrà conto del diritto maturato dagli ex dirigenti dell’area V a percepire la stessa parte fissa della retribuzione di posizione degli ex dirigenti dell’area VII dal 1 settembre 2015. Già in poche settimane sono centinaia i dirigenti scolastici che hanno aderito a un contenzioso che vuole imporre già in questo contratto una prima perequazione esterna in attesa di quella generale che ammonta mediamente a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese in meno.
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Nel 2017 sono stati organizzati 30 seminari, convegni e workshop gratuiti, a cui hanno assistito 700 capi d’istituto: la metà di loro si è iscritta, per diventare parte attiva di una politica sindacale che ha rimesso al centro dell'opinione pubblica la figura del capo d’istituto. Il nuovo sindacato si è battuto quest’anno per ottenere norme chiare sulle responsabilità della scuola in capo all'uscita dei minorenni, sulla presentazione di un disegno di legge sulla sicurezza, ha inoltre promosso scioperi ed è sempre stato presente con articoli di denuncia sulla stampa nazionale. Ma ha anche sollevato il problema della perequazione interna ed esterna, dei tagli al FUN e dell'inopportuna valutazione del corpo dirigente scolastico. Ciò che ne è scaturito è che finalmente è maturata nel Governo, anche per le annunciate azioni giudiziarie, la volontà di cominciare a riallineare gli stipendi degli ex presidi a quelli degli ex dirigenti dell'aera VII ora unificata all'ex aera V con la perequazione della parte fissa della retribuzione di posizione.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Nell'attesa di sapere se UDIR sarà il nuovo sindacato rappresentativo della dirigenza scolastica già dalla prossima stagione contrattuale, che chiude la rilevazione delle deleghe al 31 dicembre 2017, certamente sarà scopo del giovane sindacato continuare la campagna nei tribunali per la valorizzazione professionale dell'area della dirigenza scolastica, offrire consulenza specifica sui temi legati al ruolo del DS a partire dalla sicurezza, dalle responsabilità, dalle retribuzioni. Con l’occasione, inviamo un grazie e un augurio di un buon 2018 e che possa vedere realizzate tante iniziative e battaglie avviate da Udir.
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L’esperienza travolgente della neonata organizzazione dei dirigenti scolastici, contrassegnata da un’impennata di seguito e di adesioni, dimostra che in Italia c’è reale interesse per chi propone un nuovo modo di fare sindacato. Udir ha infatti posto l’accento su alcune problematiche che nel corso dell’anno hanno fatto parlare l’opinione pubblica e politica, sollevando diversi punti critici: dalla sicurezza nelle scuole che purtroppo rimane un auspicio lontano dal compiersi perché la metà degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1971 e la loro assistenza-ristrutturazione è lenta e a macchia di leopardo, ai problemi di gestione, dagli eccessi di carico di lavoro e di responsabilità, fino alla carenza stipendiale che colloca i presidi oltre 38mila euro annui sotto i colleghi della stessa area.
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