Dopo le insistenti richieste del sindacato Udir, sono di queste ore le dichiarazioni del sottosegretario all’Istruzione Salvatore Giuliano sulla volontà di “rivedere le responsabilità ed il ruolo dei dirigenti scolastici in tema di rischi strutturali ed impiantistici degli edifici scolastici”. La problematica è ritornata d’attualità dopo la recente sentenza della Corte di Appello di Potenza che ha confermato la condanna ad un mese di reclusione a seguito del ferimento di uno studente causato dal cedimento di un lastrico, con pena sospesa e il beneficio della non menzione nel certificato penale, nei confronti della Dirigente dell’Istituto di Istruzione Superiore “Carlo Pisacane” di Sapri, Franca Principe. Il punto è sempre uno: i dirigenti scolastici continuano ad essere considerati come dei datori di lavoro e pure titolari delle attività scolastiche. Se ci soffermiamo sui rischi sismici, ad esempio, su di loro vige l'incombenza nella valutazione dei rischi di classificazione che può essere ricondotto a tre fattori principali: pericolosità sismica, risposta sismica locale, indice di vulnerabilità sismica. Ma tutto questo come può essere realizzato? Con quali competenze? Come può un preside venire a conoscenza del gradiente di rischio del singolo plesso scolastico da lui diretto?
Marcello Pacifico (presidente Udir): Durante i nostri incontri degli ultimi mesi con centinaia di presidi, è stata pressoché unanime la richiesta di cambiare in toto il Testo Unico sulla sicurezza. I dirigenti sanno bene che vi è un collegamento immediato tra il problema della sicurezza e quello della responsabilità che ricade sulle loro persone: ci sono dei capi d’istituto costretti a difendersi dalle accuse riconducibili alle analisi tecniche sui documenti di prevenzione, sicurezza e salute, con richieste di condanne penali da tre anni e mezzo in su. Se non vogliamo che si arrivi a chiudere la metà delle nostre scuole, bisogna modificare la legge in fretta. Perché non è più possibile finire in carcere per colpa dello Stato.
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Il giovane sindacato è per la linea della tolleranza zero: da tempo nelle scuole esiste un accordo scuola-famiglie, denominato “patto di corresponsabilità”, che entrambi le parti sono tenute a rispettare, in funzione del successo formativo degli studenti. Laddove questo non avviene, è ovvio che occorra intervenire. Venendo meno al “contratto” sottoscritto in sede di iscrizione dei figli, si rompe qualcosa nel rapporto e bisogna assolutamente prendere provvedimenti adeguati, sempre rapportati alla gravità dell’infrazione.
Marcello Pacifico (presidente Anief e Udir): Soprassedere, rimandare o, peggio ancora, minimizzare, ci ha portati ad un progressivo decadimento del ruolo dell’istituzione scolastica, dei docenti e dei dirigenti perché, parallelamente alle aggressioni dei genitori verso gli operatori della scuola, stanno crescendo anche gli episodi di bullismo che hanno come protagonisti negativi degli studenti che si possono scagliare sia contro i compagni di classe, sconfinando in certi casi addirittura nel reato di stalking, sia contro i docenti, i dirigenti e il personale scolastico. Quello che non è forse ancora pubblicamente chiaro è che si tratta di veri e propri crimini che la legge persegue, come ribadito di recente dalla Cassazione. Colpire al volto un insegnante, farlo cadere, costringerlo alle cure dell’ospedale, sono episodi intollerabili, che vanno sempre denunciati alla polizia giudiziaria. La quale provvederà, di volta in volta, a verificare la sussistenza delle accuse e se vi sono dei profili penali da percorrere. Quello della tolleranza zero, quando si producono dei reati, anche a scuola, è un punto fermo, su cui non si transige. Parallelamente, le scuole avranno anche l’onere di portare avanti dei progetti, finanziati dal Miur, che divulghino il senso civico, rivolti sia agli alunni che alle loro famiglie.
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A regime, tra un paio d’anni, nonostante gli aumenti contrattuali sulla retribuzione fissa, in alcune regioni i capi d’istituto si ritroveranno con dei compensi complessivi più bassi rispetto all’inizio della vigenza contrattuale. I più penalizzati saranno quelli dell’Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, dove l’arrivo di nuovi dirigenti scolastici porterà una consistente riduzione delle somme da assegnare individualmente: per le voci legate alla retribuzione variabile ed accessoria, si prevedono perdite superiori ai 10mila euro a preside. Non è da meno la retribuzione di risultato: questa “voce” non rientra nello stipendio mensile, viene pagata in un’unica soluzione annuale, per cui i dirigenti scolastici rischiano di non accorgersi nemmeno dei pesanti tagli già fatti e di quelli in arrivo. Sempre in Emilia Romagna, già nel 2016/2017 il budget e la media pro capite sono diminuiti drasticamente (dai 4mila ai 7mila euro, a seconda della fascia di appartenenza) e a regime diminuiranno ancora. In entrambi i casi, gli aumenti contrattuali non ce la faranno a compensare le perdite.
Marcello Pacifico (presidente Udir): La perdita sulla retribuzione variabile ed accessoria porta ad un risultato veramente assurdo; la colpa non è di certo dei dirigenti scolastici, ma va ricondotta sia alla superficialità di certi sindacati sia alle regioni che hanno realizzato piani di dimensionamento. A completare il quadro ultra negativo c’è anche il fatto che l’amministrazione centrale continua a bandire concorsi con una cadenza lunghissima. Il problema è iniziato nel 2010: ne sanno qualcosa i colleghi della Campania. E ora è esploso in altre regioni. Da questo ‘gioco’ delle tre carte, i dirigenti scolastici si ritroveranno una diminuzione dello stipendio complessivo, sempre considerando che si attuerà in modo differenziato a seconda delle fasce di collocazione.
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Secondo la stampa specializzata, che sta tenendo il conto, c’è da preoccuparsi. Tuttoscuola: “quasi la metà (esattamente 15 su 33) delle aggressioni note è stata opera di genitori”. Anche l’ultima, avvenuta in provincia di Padova, rientra in questa casistica. Ma siccome molti non denunciano, gli episodi sono molti di più: “si stima che all’interno delle scuole il numero delle aggressioni, soprattutto da parte di studenti, sia almeno il triplo di quanto emerge all’esterno”. Per il nuovo Ministro Bussetti è una delle priorità da affrontare.
Del fenomeno della violenza gratuita contro i docenti si sono interessati i sindacati Anief e Udir, venti giorni fa, organizzando una giornata di discussione. Tutti i relatori - esperti, rappresentanti dei lavoratori, delle famiglie, dei discenti nonché dei dirigenti scolastici - si sono trovati d’accordo su un punto: l’escalation di violenza si deve anche e soprattutto allo scadimento dell’autorevolezza della figura del maestro e dell’insegnante agli occhi delle famiglie e dell’opinione pubblica.
Marcello Pacifico (presidente Anief e Udir): La scuola è una di quelle poche istituzioni che agiscono in modo diretto per il rispetto delle regole, la trasmissione della cultura e per rimarcare i valori cardini costituzionali dello Stato, che vanno trasmessi a costo di risultare ‘antipatici’. Le famiglie e gli studenti che non gradiscono questo genere di messaggi, all’agire nella legalità e alla trasmissione di valori in tale direzione, si lasciano andare ad atteggiamenti intimidatori che sempre più spesso si tramutano in aggressioni fisiche. Alle spalle di questi episodi ricorrenti si insinua lo scadimento sociale del ruolo del docente, acuito dal trattamento economico sempre peggiore che chi governa riserva a chi opera nella scuola, con gli stipendi ritoccati ogni dieci anni con aumenti-mancia e ormai pure surclassati dall’inflazione: remunerando un insegnante meno di un impiegato si manda un messaggio negativo ai cittadini che sfocia nella mancata considerazione del ruolo dell’educatore. Anche Papa Francesco, in queste ore, si è rivolto a centinaia di bambini dicendo loro di non dimenticarsi mai dei maestri e della scuola, perché sono le radici della cultura. Perché chi trasmette cultura, chi fa formazione, non può essere preso a schiaffi.
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