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È esemplare il caso della rendicontazione dei finanziamenti europei per l’inclusione sociale e la lotta al disagio nonché per garantire l’apertura delle scuole oltre l’orario scolastico soprattutto nelle aree a rischio e in quelle periferiche: la piattaforma di gestione presenta meccanismi di complessità assoluta, con la richiesta continua di verbali anche solo per dire che si è usata la piattaforma, impegnando il dirigente scolastico per un alto numero di ore in cambio di meno di un compenso che corrisponde ad un rimborso spese. Udir ritiene che quando si lavora per le scuole sia necessario conoscere i problemi e soprattutto i processi organizzativi da gestire: la Ministra dell’Istruzione ci spieghi perché questo non avviene.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Come se non bastassero i centomila e un adempimento richiesti sino ad oggi alle scuole ora ci si mette anche la programmazione Pon a rendere la vita impossibile ai Dirigenti Scolastici. Come Udir denunciamo la gravità di quanto avvenuto con i Pon inclusione e chiediamo un incontro urgente con la Ministra dell’Istruzione. Riteniamo assurdo che venga rilasciata una piattaforma di gestione con meccanismi di complessità assoluta e che richieda verbali anche solo per dire che si è usata la piattaforma, impegnando il dirigente per più di dodici ore in cambio di 25 euro. Risulta poi parossistico che venga richiesto di protocollare per i Pon documenti che la normativa italiana invece non contempla – come ad esempio i verbali interni - o che le scuole siano tenute a fare i progetti rischiando che, per qualche errore indotto da pessime indicazioni, ci debbano pure rimettere i soldi, se non peggio: è paradossale che il continuo ‘buttare sulle scuole’ attività mal strutturate, pregne di responsabilità in carico ai dirigenti, non venga stigmatizzato da nessuna sigla sindacale. La difesa del diritto della scuola di imparare le procedure di azioni nuove, ma anche e soprattutto di avere procedure efficaci, è quanto Udir chiede sin d’ora con fermezza alla Ministra.

 

ROMA, 29 GEN - "Non assumete più responsabilità sulla vostra pelle": è l'appello rivolto ai dirigenti scolastici dall'Udir-Confedir secondo cui pure gli istituti non a norma in zone a basso rischio sismico vanno chiusi dai presidi. La presa di posizione arriva alla luce di una recente sentenza della Cassazione che "ha correttamente disposto come, anche in presenza di minime possibilità di verificarsi dell'evento (rischio sismico basso o 4 categoria), l'inosservanza delle norme tecniche rappresenti sempre una violazione allo standard minimo di sicurezza strutturale". "I capi d'istituto non possono farsi carico di errori non propri. In presenza di rischi, la scuola - afferma il presidente dell'Udir, Marcello Pacifico - deve chiudere. Lo dicono i giudici, senza se e senza ma. E, siccome secondo il nostro centro studi non esiste scuola sicura, soprattutto perché la metà degli edifici scolastici è stata costruita prima del 1971, diciamo: niente indugi, a costo di negare un servizio pubblico, certe scuola chiudano pure. Anche perché la stessa giustizia non fa sconti: vale per tutti l'incredibile vicenda dell'ex preside del convitto dell'Aquila, condannato al carcere per il crollo dell'edificio a seguito del terremoto del 2009 e che alcuni mesi fa ha visto l'intervento del Capo dello Stato che ha concesso una grazia parziale sulla condanna. Pur superare questa norma assurda, perché a tutt'oggi i presidi non hanno margini di intervento né poteri di spesa sull'edilizia scolastica ma solo responsabilità, l'Udir aveva presentato uno specifico emendamento alla Legge di Stabilità 2018 che però non ha avuto seguito. Ora, dopo la sentenza della Cassazione d'inizio anno, in presenza di certificate condizioni di rischio i presidi non hanno più scelta: la chiusura dello stabile non si può rimandare. Anche là dove il rischio terremoto sia minore. E non si venga a parlare di interruzione di servizio pubblico, perché se la sicurezza viene prima di tutto questo è il prezzo da pagare". (ANSA).

 

Sta provocando reazioni importanti la recente sentenza 190/2018 della sesta Sezione Penale che ha correttamente disposto come, anche in presenza di minime possibilità di verificarsi dell’evento (rischio sismico basso o 4 categoria), l’inosservanza delle norme tecniche rappresenti sempre una violazione allo standard minimo di sicurezza strutturale. Partendo dal presupposto che i terremoti non possono essere previsti neanche dal più affinato degli algoritmi oggi implementati dall’uomo, ne consegue che bisogna dare seguito alla chiusura, a scopo di prevenzione, di tutte quelle scuole che non rispettano in toto gli standard di sicurezza previsti dalle norme tecniche per le costruzioni. Per tali motivi, Udir-Confedir ha predisposto un modello di diffida, rivolto non solo ai proprietari degli immobili ma anche ai relativi Prefetti, solo per i propri iscritti a salvaguardia e tutela di quei Dirigenti che, individuati come titolari delle attività scolastiche, hanno il preciso compito di valutare tutti i rischi tra cui quello sismico.

Nel caso della sentenza 190 della Corte di Cassazione, l’intervento dei giudici si era reso necessario dopo che il sindaco di un comune toscano è stato indagato per omissione di atti di ufficio, in quanto non aveva provveduto a chiudere, revocando di fatto il sequestro preventivo disposto dal Gip, il plesso scolastico di una frazione del suo comune, poiché dal certificato di idoneità statica dell’immobile (del 28 giugno 2013) se ne certificava la non idoneità sismica. Ricorrendo al Tribunale del Riesame, il primo cittadino aveva ottenuto la riapertura della scuola. Si è ricorsi in Cassazione, denunciando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e delle norme integrative. Il pm ha correttamente sostenuto che la scuola doveva essere chiusa perché il pericolo per l’incolumità pubblica risiede nella non prevedibilità dei terremoti e deve intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall’esistenza di un pericolo in concreto.

Marcello Pacifico (presidente Udir): I capi d’istituto non possono farsi carico di errori non propri. In presenza di rischi, la scuola deve chiudere. Lo dicono i giudici, senza se e senza ma. E, siccome secondo il nostro centro studi non esiste scuola sicura, soprattutto perché la metà degli edifici scolastici è stata costruita prima del 1971, diciamo: niente indugi, a costo di negare un servizio pubblico, certe scuola chiudano pure. Anche perché la stessa giustizia non fa sconti: vale per tutti l’incredibile vicenda dell’ex preside del convitto dell’Aquila, condannato al carcere per il crollo dell’edificio a seguito del terremoto del 2009 e che alcuni mesi fa ha visto l’intervento del Capo dello Stato che ha concesso una grazia parziale sulla condanna. Pur superare questa norma assurda, perché a tutt’oggi i presidi non hanno margini di intervento né poteri di spesa sull’edilizia scolastica ma solo responsabilità, l’Udir aveva presentato uno specifico emendamento alla Legge di Stabilità 2018 che però non ha avuto seguito. Ora, dopo la sentenza della Cassazione d’inizio anno, in presenza di certificate condizioni di rischio i presidi non hanno più scelta: la chiusura dello stabile non si può rimandare. Anche là dove il rischio terremoto sia minore. E non si venga a parlare di interruzione di servizio pubblico, perché se la sicurezza viene prima di tutto questo è il prezzo da pagare.

 

Da un’analisi dettagliata dei Cir in via di approvazione definitiva, si scopre che sono molti i tagli e poche le risorse aggiuntive in arrivo per i nostri capi d’istituto. Vale per tutti il caso della Lombardia dove, a causa del decremento del Fondo unico nazionale, nonché della retribuzione variabile ed accessoria, da dividere per i nuovi prossimi assunti attraverso il concorso nazionale, e venendo meno pure l’una tantum della Legge 107/2015, si arriverà al paradosso di perdere circa 5.750 euro rispetto agli attuali compensi annuali.

Per questi motivi il sindacato ritiene che, assieme alla protesta ad oltranza, la via del tribunale rimanga l’unica al momento percorribile: Udir attraverso apposito ricorso intende recuperare tutti gli arretrati sinora non percepiti. Il giovane sindacato ha deciso di avviare un apposito ricorso al Tar Lazio per l’incremento del Fondo Unico nazionale ed è pronto ad impugnare tutti i Contratti Integrativi Regionali che saranno sottoscritti: aderisci al ricorso gratuito.

 

 

Con il Decreto n. 303 del 11 maggio 2016, il MIUR ha incaricato i Direttori Generali degli U.S.R. quali Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza. A questo riguardo, si ricorda a tutte le scuole di pubblicare un apposito link al sito U.S.R., che invii direttamente nella pagina on line dove è pubblicato il piano triennale prevenzione corruzione e trasparenza, all’interno della sezione Amministrazione trasparente – piano triennale per la prevenzione della corruzione e trasparenza (la cui scadenza è stata fissata al 31 gennaio 2018). In considerazione dell’importanza del ruolo, si suggerisce ai Dirigenti Scolastici di valutare a fondo eventuali deleghe sulla materia.

 

Sempre coerente con la legge anticorruzione è il tema legato al dipendente che segnala condotte illecite (whistleblower): a questo proposito, per quanto riguarda le Scuole l’ANAC ha previsto che le segnalazioni vengano inviate direttamente al Direttore Generale dell’U.S.R. Per poter agevolare quest’ultima procedura è stato predisposto dall’ANAC un apposito modulo.

 

Si precisa inoltre che il giovane sindacato Udir offre il servizio di consulenza specifica da richiedere all’indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.