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Stiamo assistendo ad un crescendo di violenza contro i capi d’istituto: è accaduto l’anno scorso a Catania, dove il preside Fernando Rizzo è stato colpito con calci e pugni, da sconosciuti, senza mai capire il motivo del gesto, ma anche qualche mese fa nella scuola media Parini di Putignano, dove il capo d’istituto, Franco Tricase, ex sindaco di Castellana Grotte, in provincia di Bari, è stato vittima di percosse; stesso copione quarantott’ore fa ad Avola, nel siracusano, dove un genitore che protestava per la sospensione del figlio che aveva lanciato una sedia contro la finestra dell’aula si è scagliato contro il preside.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Sembra che chi giuda un istituto sia diventato un nemico del Collegio dei docenti o del personale Ata. Oppure un corrotto, se non un corruttore, che si approfitterebbe dell’autonomia scolastica per perseguire interessi personali. Sono interpretazioni del tutto gratuite ma che in certi contesti socio-territoriali rischiano di diventare dei luoghi comuni da combattere. Anche perché i dirigenti scolastici hanno già il loro bel da fare, sballottati su diversi plessi, spesso su più scuole autonome tenute in reggenza, e pure sottomessi a continue molestie burocratiche. Noi, come sindacato, pensiamo che l’unico modo per far capire come stanno le cose è fornire le corrette informazioni. Ma senza una presa di coscienza sull’importanza del rispetto delle regole e della legalità è tutto inutile. Per questo motivo, riteniamo importante che in tutti i bienni iniziali delle scuole superiori si introducano due ore a settimana di insegnamento giuridico ed economico, affidandolo a docenti della disciplina. In modo da introdurre il progetto su larga scala, utile all’apprendimento di tutti gli alunni che tra i 14 e i 16 anni devono comunque obbligatoriamente frequentare le aule scolastiche. Quando si parla di scuola ci dobbiamo impegnare per garantire un servizio fondamentale per la nostra società che parta dal rispetto degli altri cittadini.

 

Oggi sono dunque state annunciate le materie della seconda prova degli Esami di Stato delle scuole superiori: nelle prossime settimane si conosceranno anche i nominativi dei commissari esterni e dei presidenti di Commissione. Tra questi ultimi però non ci saranno i dirigenti scolastici che operano negli istituti del primo ciclo. E non si comprende il motivo di tale esclusione, visto che si tratta di capi d’istituto selezionati allo stesso modo, con i medesimi titoli d’accesso e la stessa formazione dei colleghi che operano nella scuola secondaria. Pertanto, il giovane sindacato dei presidi si appella alla titolare del Miur perché cancelli questa discriminazione.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Bisogna salvaguardare il diritto dei dirigenti scolastici ad accedere alla carica di presidente degli Esami di Stato conclusivi del secondo ciclo d’istruzione, perché non è possibile vedere minato l’ennesimo diritto acquisito. Ancora di più perché si tratta di dirigenti provenienti dal ruolo di docenti, regolarmente abilitati all’insegnamento alle scuole superiori, che gestiscono un alto numero di plessi e situazioni organizzative complesse. Tanto da essere ormai etichettati come dei ‘super presidi’. Stiamo parlando di presidi sempre più schiacciati da continue molestie burocratiche, decisamente malpagati, con aumenti insignificanti in arrivo e ora pure beffati dalle istituzioni. La beffa consiste nel fatto che da docenti potrebbero accedere al ruolo di presidenti degli Esami di Stato. Ma da dirigenti non possono. In questo modo verrebbe negato loro così non solo la valorizzazione della professionalità acquisita negli anni, ma anche il diritto ad un compenso utile a concorrere alla formazione della base contributiva e pensionabile dello stipendio. Ma possono delle semplici circolari ministeriali sulla formazione delle commissioni per gli Esami di Stato porre il divieto di nomina a presidente del “personale utilizzato” negli Esami del primo ciclo?

 

È esemplare il caso della rendicontazione dei finanziamenti europei per l’inclusione sociale e la lotta al disagio nonché per garantire l’apertura delle scuole oltre l’orario scolastico soprattutto nelle aree a rischio e in quelle periferiche: la piattaforma di gestione presenta meccanismi di complessità assoluta, con la richiesta continua di verbali anche solo per dire che si è usata la piattaforma, impegnando il dirigente scolastico per un alto numero di ore in cambio di meno di un compenso che corrisponde ad un rimborso spese. Udir ritiene che quando si lavora per le scuole sia necessario conoscere i problemi e soprattutto i processi organizzativi da gestire: la Ministra dell’Istruzione ci spieghi perché questo non avviene.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Come se non bastassero i centomila e un adempimento richiesti sino ad oggi alle scuole ora ci si mette anche la programmazione Pon a rendere la vita impossibile ai Dirigenti Scolastici. Come Udir denunciamo la gravità di quanto avvenuto con i Pon inclusione e chiediamo un incontro urgente con la Ministra dell’Istruzione. Riteniamo assurdo che venga rilasciata una piattaforma di gestione con meccanismi di complessità assoluta e che richieda verbali anche solo per dire che si è usata la piattaforma, impegnando il dirigente per più di dodici ore in cambio di 25 euro. Risulta poi parossistico che venga richiesto di protocollare per i Pon documenti che la normativa italiana invece non contempla – come ad esempio i verbali interni - o che le scuole siano tenute a fare i progetti rischiando che, per qualche errore indotto da pessime indicazioni, ci debbano pure rimettere i soldi, se non peggio: è paradossale che il continuo ‘buttare sulle scuole’ attività mal strutturate, pregne di responsabilità in carico ai dirigenti, non venga stigmatizzato da nessuna sigla sindacale. La difesa del diritto della scuola di imparare le procedure di azioni nuove, ma anche e soprattutto di avere procedure efficaci, è quanto Udir chiede sin d’ora con fermezza alla Ministra.

 

ROMA, 29 GEN - "Non assumete più responsabilità sulla vostra pelle": è l'appello rivolto ai dirigenti scolastici dall'Udir-Confedir secondo cui pure gli istituti non a norma in zone a basso rischio sismico vanno chiusi dai presidi. La presa di posizione arriva alla luce di una recente sentenza della Cassazione che "ha correttamente disposto come, anche in presenza di minime possibilità di verificarsi dell'evento (rischio sismico basso o 4 categoria), l'inosservanza delle norme tecniche rappresenti sempre una violazione allo standard minimo di sicurezza strutturale". "I capi d'istituto non possono farsi carico di errori non propri. In presenza di rischi, la scuola - afferma il presidente dell'Udir, Marcello Pacifico - deve chiudere. Lo dicono i giudici, senza se e senza ma. E, siccome secondo il nostro centro studi non esiste scuola sicura, soprattutto perché la metà degli edifici scolastici è stata costruita prima del 1971, diciamo: niente indugi, a costo di negare un servizio pubblico, certe scuola chiudano pure. Anche perché la stessa giustizia non fa sconti: vale per tutti l'incredibile vicenda dell'ex preside del convitto dell'Aquila, condannato al carcere per il crollo dell'edificio a seguito del terremoto del 2009 e che alcuni mesi fa ha visto l'intervento del Capo dello Stato che ha concesso una grazia parziale sulla condanna. Pur superare questa norma assurda, perché a tutt'oggi i presidi non hanno margini di intervento né poteri di spesa sull'edilizia scolastica ma solo responsabilità, l'Udir aveva presentato uno specifico emendamento alla Legge di Stabilità 2018 che però non ha avuto seguito. Ora, dopo la sentenza della Cassazione d'inizio anno, in presenza di certificate condizioni di rischio i presidi non hanno più scelta: la chiusura dello stabile non si può rimandare. Anche là dove il rischio terremoto sia minore. E non si venga a parlare di interruzione di servizio pubblico, perché se la sicurezza viene prima di tutto questo è il prezzo da pagare". (ANSA).

 

Sta provocando reazioni importanti la recente sentenza 190/2018 della sesta Sezione Penale che ha correttamente disposto come, anche in presenza di minime possibilità di verificarsi dell’evento (rischio sismico basso o 4 categoria), l’inosservanza delle norme tecniche rappresenti sempre una violazione allo standard minimo di sicurezza strutturale. Partendo dal presupposto che i terremoti non possono essere previsti neanche dal più affinato degli algoritmi oggi implementati dall’uomo, ne consegue che bisogna dare seguito alla chiusura, a scopo di prevenzione, di tutte quelle scuole che non rispettano in toto gli standard di sicurezza previsti dalle norme tecniche per le costruzioni. Per tali motivi, Udir-Confedir ha predisposto un modello di diffida, rivolto non solo ai proprietari degli immobili ma anche ai relativi Prefetti, solo per i propri iscritti a salvaguardia e tutela di quei Dirigenti che, individuati come titolari delle attività scolastiche, hanno il preciso compito di valutare tutti i rischi tra cui quello sismico.

Nel caso della sentenza 190 della Corte di Cassazione, l’intervento dei giudici si era reso necessario dopo che il sindaco di un comune toscano è stato indagato per omissione di atti di ufficio, in quanto non aveva provveduto a chiudere, revocando di fatto il sequestro preventivo disposto dal Gip, il plesso scolastico di una frazione del suo comune, poiché dal certificato di idoneità statica dell’immobile (del 28 giugno 2013) se ne certificava la non idoneità sismica. Ricorrendo al Tribunale del Riesame, il primo cittadino aveva ottenuto la riapertura della scuola. Si è ricorsi in Cassazione, denunciando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e delle norme integrative. Il pm ha correttamente sostenuto che la scuola doveva essere chiusa perché il pericolo per l’incolumità pubblica risiede nella non prevedibilità dei terremoti e deve intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall’esistenza di un pericolo in concreto.

Marcello Pacifico (presidente Udir): I capi d’istituto non possono farsi carico di errori non propri. In presenza di rischi, la scuola deve chiudere. Lo dicono i giudici, senza se e senza ma. E, siccome secondo il nostro centro studi non esiste scuola sicura, soprattutto perché la metà degli edifici scolastici è stata costruita prima del 1971, diciamo: niente indugi, a costo di negare un servizio pubblico, certe scuola chiudano pure. Anche perché la stessa giustizia non fa sconti: vale per tutti l’incredibile vicenda dell’ex preside del convitto dell’Aquila, condannato al carcere per il crollo dell’edificio a seguito del terremoto del 2009 e che alcuni mesi fa ha visto l’intervento del Capo dello Stato che ha concesso una grazia parziale sulla condanna. Pur superare questa norma assurda, perché a tutt’oggi i presidi non hanno margini di intervento né poteri di spesa sull’edilizia scolastica ma solo responsabilità, l’Udir aveva presentato uno specifico emendamento alla Legge di Stabilità 2018 che però non ha avuto seguito. Ora, dopo la sentenza della Cassazione d’inizio anno, in presenza di certificate condizioni di rischio i presidi non hanno più scelta: la chiusura dello stabile non si può rimandare. Anche là dove il rischio terremoto sia minore. E non si venga a parlare di interruzione di servizio pubblico, perché se la sicurezza viene prima di tutto questo è il prezzo da pagare.