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Nel 2017 sono stati organizzati 30 seminari, convegni e workshop gratuiti, a cui hanno assistito 700 capi d’istituto: la metà di loro si è iscritta, per diventare parte attiva di una politica sindacale che ha rimesso al centro dell'opinione pubblica la figura del capo d’istituto. Il nuovo sindacato si è battuto quest’anno per ottenere norme chiare sulle responsabilità della scuola in capo all'uscita dei minorenni, sulla presentazione di un disegno di legge sulla sicurezza, ha inoltre promosso scioperi ed è sempre stato presente con articoli di denuncia sulla stampa nazionale. Ma ha anche sollevato il problema della perequazione interna ed esterna, dei tagli al FUN e dell'inopportuna valutazione del corpo dirigente scolastico. Ciò che ne è scaturito è che finalmente è maturata nel Governo, anche per le annunciate azioni giudiziarie, la volontà di cominciare a riallineare gli stipendi degli ex presidi a quelli degli ex dirigenti dell'aera VII ora unificata all'ex aera V con la perequazione della parte fissa della retribuzione di posizione.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Nell'attesa di sapere se UDIR sarà il nuovo sindacato rappresentativo della dirigenza scolastica già dalla prossima stagione contrattuale, che chiude la rilevazione delle deleghe al 31 dicembre 2017, certamente sarà scopo del giovane sindacato continuare la campagna nei tribunali per la valorizzazione professionale dell'area della dirigenza scolastica, offrire consulenza specifica sui temi legati al ruolo del DS a partire dalla sicurezza, dalle responsabilità, dalle retribuzioni. Con l’occasione, inviamo un grazie e un augurio di un buon 2018 e che possa vedere realizzate tante iniziative e battaglie avviate da Udir.

 

L’esperienza travolgente della neonata organizzazione dei dirigenti scolastici, contrassegnata da un’impennata di seguito e di adesioni, dimostra che in Italia c’è reale interesse per chi propone un nuovo modo di fare sindacato. Udir ha infatti posto l’accento su alcune problematiche che nel corso dell’anno hanno fatto parlare l’opinione pubblica e politica, sollevando diversi punti critici: dalla sicurezza nelle scuole che purtroppo rimane un auspicio lontano dal compiersi perché la metà degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1971 e la loro assistenza-ristrutturazione è lenta e a macchia di leopardo, ai problemi di gestione, dagli eccessi di carico di lavoro e di responsabilità, fino alla carenza stipendiale che colloca i presidi oltre 38mila euro annui sotto i colleghi della stessa area.

 

Gli aumenti previsti dalla Legge di Stabilità si fermano infatti ad appena lo 0,38% per il 2016, l’1,09% per il 2017, il 3,48% per il prossimo, a fronte di aumenti dovuti ma non corrisposti di indennità di vacanza contrattuale rispettivamente del 4,26%, del 4,66% e del 5,51%. Questo significa che nel 2015 i dirigenti di Università e Ricerca annualmente guadagnavano 96.216,56 euro, a fronte dei 57.893,28 euro medi dei dirigenti scolastici, per cui la perequazione da colmare avrebbe dovuta essere pari a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese; mentre gli aumenti mensili in arrivo si fermano a 300 euro medi.

Marcello Pacifico (presidente Udir): Le aliquote di aumento previste dalla manovra di fine anno sul tabellare annuo di 43mila euro annui sono altamente ridotte: bisognava fare di tutto se si voleva davvero palare di primo passo verso la perequazione, per produrre incrementi attorno all’11%. Udir lo ha espressamente chiesto nella Legge di Stabilità, attraverso il riconoscimento della perequazione esterna fin dal 2016 e per intero, oltre al ripristino e all’incremento del Fondo Unico Nazionale: solo per la riduzione di quest’ultimo di un terzo, ogni preside oggi ha perso in media 5mila euro. Tra l’altro, la perequazione totale della parte fissa della retribuzione di risultato si concretizzerà solo nel 2020, ma anche nel 2021, per un totale di 12mila euro lordi in più: il mancato riconoscimento del quinquennio comporta quindi la perdita di 42mila euro. Senza contare il fatto che in molte regioni italiane, a seguito della firma dei Contratti integrativi, le Ragionerie territoriali dello Stato stanno operando delle maxi-trattenute sulle somme in più percepite.

Udir invita, pertanto, a non firmare il prossimo CCNL che prevede aumenti del tutto inadeguati. Si consiglia, pertanto, di inviare la diffida entro il 30 dicembre.

 

Mancano all’appello ancora 2.600 euro. Inoltre, nella manovra, ad oggi è previsto che quelle somme arriveranno ad intervalli di tempo piuttosto lunghi: dall’anno prossimo fino al 2021. Udir aveva chiesto, nella Legge di Stabilità, di poter ottenere il riconoscimento della perequazione esterna fin dal 2016 e per intero, oltre al ripristino e all’incremento del Fondo Unico Nazionale: solo per la riduzione di quest’ultimo di un terzo ogni preside oggi ha perso in media 5mila euro. Si tratta di elementi stipendiali indispensabili per recuperare il disavanzo rispetto agli altri dirigenti pubblici, attualmente di oltre 38mila euro annui. Invece, la perequazione totale della parte fissa della retribuzione di risultato avverrà solo nel 2020, forse anche 2021, per un totale di 12mila euro lordi in più: il mancato riconoscimento del quinquennio comporta quindi la perdita di 42mila euro. Inoltre, nell’ultimo periodo tanti ds hanno subìto oltre al danno la beffa, perché nelle loro regioni, a seguito della firma dei Contratti integrativi, le Ragionerie territoriali dello Stato stanno operando delle maxi-trattenute sulle somme in più percepite.

Marcello Pacifico (presidente Udir): La parità di trattamento tra dirigenti scolastici e i dirigenti dell'area Miur doveva avvenire fin da questo contratto, subito e non progressivamente. Basta dire che nel 2015, in base all’Atto di Indirizzo, i dirigenti di Università e Ricerca annualmente guadagnavano 96.216,56 euro l’anno, a fronte dei 57.893,28 euro medi dei dirigenti scolastici: la perequazione da colmare è oggi quindi pari a 38.323,28 euro annui, ovvero 2.947,94 al mese. Come si fa a dire che basteranno poche centinaia di euro al mese per avvicinarsi a quelle cifre?

È quindi inevitabile rivolgersi al giudice per rivendicare il mal tolto e gli interessi. A tal fine, è possibileinviare già da ora una diffida anche in attesa di una nuova pronuncia della Consulta per interrompere la prescrizione.